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Bla, bla, bla quando sono tanti galli a cantar...

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BLA, BLA, BLA … “quando sono tanti galli a cantar non si fa mai giorno”.


L’indulgenza plenaria che gli Italiani fingono di regalare a questo governo è evidente in ogni azione ufficiale che si svolge nel paese, non in ultimo il mancato recarsi alle urne di milioni di persone che ‘a ragione’ non hanno fiducia nei politici e ancor meno nella politica in generale. Lo dimostra il fatto, il più eclatante che si conosca, non essere riusciti a designare un nuovo Presidente della Repubblica, per poi dover ‘pietire’ dal pur illustre quanto generoso Sergio Mattarella di restare al suo posto per altri sette anni, quasi lo si volesse conservare (imbottigliarlo) come si fa con il vino buono, nella botte democratica della Costituzione.
Di fatto c’è una sola verità che si canta in un vecchio stornello: “quando sono tanti galli a cantar non si fa mai giorno”; così avviene che le ‘galline’ si fanno loro intorno e armano nel pollaio un tale baccano da far rizzare i capelli (e a quanto pare non solo quelli); sì che fanno a gara (uomini e donne) a chi mette le migliori piume sul culo con cui pavoneggiarsi. Ma, come si dice, i galli non saranno mai pavoni, e alle galline non rimane che covare le uova e strillare da arrossare le gole. Diciamolo pure, gli Italiani seduti oggi sugli scranni del Parlamento sono di una razza inqualificabile (ne galli ne pavoni), non certo migliori dei loro predecessori, che almeno, in certi casi, hanno compreso quand’era il momento di lasciare.
Inutile del resto girare e rigirare intorno al dito levato per controbattere ad ogni occasione e quindi rinegoziare atti e leggi votate in prima istanza solo per un ripensamento di partito; come anche inutile cercare ad ogni piè sospinto un’unanimità che non c’è, che non ci può essere se ognuno di loro guarda al solo suo orticello. Il problema, perché di questo si tratta, questi uomini-galli e donne-galline non sanno neppure cos’è una zappa o che l’orto ha bisogno di cure costanti, che non basta annaffiare le pianticelle che s’affacciano dalla terra; cosa che pensano di fare impunemente pisciandoci sopra così, a spruzzo, senza neppure incanalare la direzionalità del getto.
Ma questi ‘malpartiti’ non sanno neppure che l’orticello incolto non rende i frutti sperati e che i ‘parassiti’ (addetti e affini della politica) da loro stessi cresciuti, non fanno sempre e solo il loro gioco, che a loro volta guardano con avidità a far fruttare il proprio orticello, e allora lì dove il ‘gallo’ ha piantato le zucchine, s’attaccano e piantano a loro volta i pomodori e le melanzane nella speranza/possibilità di condividere la futura ‘teglia’. Mentre le ‘galline’ (mogli, amanti e comunque concubine), nascondono sotto il culo anziché l’uovo di giornata, l’uovo di cioccolata con dentro la sorpresa, nell’attesa, che prima o poi, quel ‘povero cristo’ del loro mentore (il pappone gergale), salga di qualche posizione nella scalata politica che s’aspettano ad ogni volgere di bandiera.
Qualcuno, di certo uno della casta con ricercatezza linguistica, ha definito il fatto come un ‘cambio di casacca’ quando in realtà è ciò che più si addice a un ‘voltagabbana’ da strapazzo, un qualunque venditore di fumo che resterà comunque anonimo nel mare magnum della politica, disposto a vendersi i coglioni per ‘quaranta denari’, quegli stessi che sono ancora in circolo dal tempo di Giuda e che non gli basteranno per costruire la ‘dimora’ vagheggiata nel futuro. Mi chiedo come sia possibile non concepire che le malefatte prima o poi verranno a galla e che dovrà comunque pagare il ‘laggio’ della sua defecazione? Come si fa ad essere ciechi davanti all’evidenza della propria decostruzione senza ricostruzione, senza approntare una possibile resilienza che gli permetterebbe di recuperare l’equilibrio e la riorganizzazione in chiave positiva della propria personalità dismessa?
Non c’è alcuna altra risposta da dare, gli Italiani con il loro consueto discriminante menefreghismo hanno dimostrato più volte la contrarietà a questa scadente classe politica che null’altro ha da dire della propria inconcludenza, della futilità delle proprie idee sconclusionate e delle promesse malriposte; ancor meno della miserabile miseria in cui certi banali individui le hanno concepite. Quel che si chiede l’uomo qualunque è infine di uscire dal pantano melmoso della politica così fatta, da una democrazia irrispettosa dei diritti dei cittadini, dalla volgare mancanza di una giustizia equa, dallo squilibrio sociale degli interventi attivi negli interessi economico-finanziari in favore esclusivo dei settori industriali e dei magnati della finanza. Ma non basta, ci sarebbe molto altro da aggiungere ….
Volete farlo voi che mi leggete? Siete i benvenuti, purché alziate il tono della voce.

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